Stefano Pozzoli, psicologo clinico e psicoterapeuta, è autore del libro “Tutto tondo”, saggio edito da Mondatori sull’obesità infantile, fenomeno in costante crescita nel nostro paese.
Si calcola che almeno un bambino su quattro è in sovrappeso. Un’emergenza sociale dovuta al benessere, certo, ma anche ad un malessere sociale e psicologico. Aspettative mancate, infelicità e disagio che si scaricano sul cibo come unica fonte di gratificazione.
Nel suo libro Pozzoli indaga proprio nel contesto familiare partendo dai genitori che, secondo le sue teorie, sono i principali responsabili della forma fisica dei figli.
A loro, in primis, consiglia di essere intransigenti verso i capricci dei figli, e se non si riesce nella determinazione allora, invoca l’aiuto di specialisti a supporto di una corretta crescita ed educazione da impartire ai piccoli. La parola chiave è, dunque, coraggio; coraggio di apporre un rifiuto là dove serve. Anche perché, come prosegue Pozzoli nel suo saggio, l’obesità è una malattia che una volta avviata, è difficile da debellare, con il serio rischio che il bambino si trasformi prima in un adolescente complessato e in futuro, in un adulto con seri problemi di diabete e cuore.
In a “Tutto Tondo” si cerca, in effetti, di far aprire gli occhi ai genitori e far considerare loro l’obesità non solo come un problema alimentare, bensì, come lo specchio di un disagio più profondo. L’obesità come lettura del male di vivere di nostro figlio, praticamente.
Tutto Tondo, saggio sull’obesità infantile di Stefano Pozzoli
Secondo Pozzoli la prevenzione è possibile.
In un’intervista rilasciata a repubblica, su questa questione afferma: “La prevenzione è possibile sia sul versante sociale che su quello più squisitamente familiare. La società odierna propone modelli di comportamento elevati a ideali in cui la rinuncia non è ammessa, il sacrificio negato e, piuttosto, sono rinforzati gli appagamenti compulsivi, immediati volti a soddisfare subito ogni desiderio. Si tratta della logica del mercato in cui è necessario “abbuffarsi” di ogni oggetto (il nuovo gadget elettronico o ogni nuova esperienza, ogni cibo…) per sentirsi apparentemente più fort, i ma alla fine ritrovandosi sempre più vuoti e spinti nuovamente a consumare oggetti in una dimensione che non ha mai fine. A questo è possibile ed eticamente doveroso opporre una dimensione più faticosa, certo, ma più solida che passa attraverso la costruzione di modelli sociali diversi, alternativi e che non propongano facili godimenti a buon mercato. Il grasso del corpo non deve essere trascurato ma piuttosto deve divenire fonte di interrogazione di sé quali genitori e dei propri figli, non evitare di porsi domande sebbene possano essere fonte di dolore e amarezza. Non nascondersi come fanno i bambini obesi perché altrimenti i figli si sentono disperatamente più soli se gli adulti non sono vissuti capaci di affrontare e insegnare loro a sostenere i sentimenti negativi e la fragilità. E’ solo grazie alla rinuncia a chiudere gli occhi davanti a tali vissuti che si può mostrare ai propri figli come resistere e reggere elaborandoli senza negarli. In questo modo potremo avere bambini in grado di affrontare asprezze e delusioni, sicuri di non crollare con un’identità solida su cui confidare per confrontarsi con il mondo senza costruire barriere di grasso con cui nascondersi e proteggersi”.